Una norma scientificamente superata, smontata nel suo impianto a suon di pronunce costituzionali e eticamente esposta a questioni delicatissime, e sotto molti aspetti rimaste irrisolte. È il quadro che, a 20 anni dall’approvazione della legge 40/2004 sulla “procreazione medicalmente assistita”, è stato tratteggiato in Ateneo durante il seminario di studi incentrato, appunto, sulla pratica medica atta a favorire la soluzione di problemi riproduttivi derivanti da sterilità o da infertilità umana. Una normativa complessa e piuttosto controversa, per una serie di limiti posti alla pratica stessa e alla ricerca clinica e sperimentale sugli embrioni, che nel corso degli anni è stata modificata più volte (14 interventi in 19 anni) diventando oggetto di numerosi ricorsi, sui quali anche la Corte Costituzionale si è espressa attraverso alcune sentenze riconoscendone l’incostituzionalità (in particolare nel 2008, sull’illegittimità del divieto diagnostico preimpianto, e nel 2009 sulla produzione e crioconservazione degli embrioni); nell’anno successivo alla sua approvazione la legge è stata oggetto di un referendum abrogativo poi risultato senza esito a causa del mancato raggiungimento del quorum.
Il tema è stato affrontato nel corso di un seminario di studi promosso dal dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli studi di Messina nell’ambito delle attività del Centro universitario di studi di Bioetica, secondo un approccio dialogico multidisciplinare, organizzato dai docenti della cattedra di Diritto costituzionale Giacomo D’Amico e Stefano Agosta, presidente del CE.S.B., con un parterre illustre introdotto dalla rettrice Giovanna Spatari e dal direttore del dipartimento di Giurisprudenza Alessio Lo Giudice. La rettrice, in particolare, ha sottolineato la delicatezza della materia, spesso associata a disuguaglianze economiche e sociali. Agosta, nella sua introduzione, ha auspicato che non ci siano più più estremismi, tratteggiando alcune caratteristiche che sintetizzano l’iter fin qui avuto: “legislatore ostinato, magistratura appesantita e cittadino disaffezionato”.
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