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Omicidi Barcellona, due ricorsi rigettati e uno accolto

Due ricorsi rigettati ed uno accolto dal Tribunale della Libertà nell'inchiesta sugli omicidi compiuti a Barcellona nei primi anni 90 da parte di Cosa Nostra. Sette le persone arrestate lo scorso 10 gennaio. Dopodomani saranno discussi gli ultimi due ricorsi fra i quali quello del boss Giuseppe Gullotti.

Per tre delle sette persone arrestate il 10 gennaio scorso per una lunga catena di omicidi compiuti da Cosa Nostra barcellonese negli anni 90 è arrivato il vaglio del Tribunale della Libertà. A riscrivere questa pagina di storia i carabinieri del Ros coordinati dal procuratore aggiunto Vito Di Giorgio e dai sostituti della DDA Fabrizio Monaco e Francesco Massara. Grazie alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Salvatore Micale, l'ultimo in ordine di tempo ad aver saltato il fosso, sono stati ricostruiti undici agguati, 13 omicidi, due casi di lupara bianca e individuati i nomi di mandanti ed esecutori materiali.
I giudici del Riesame hanno rigettato il ricorso avanzato dai legali di Vincenzo Miano a cui viene contestato l'uccisione del meccanico Aurelio Anastasi assassinato il 4 gennaio 93 nella sua officina di Barcellona perché ritenuto confidente delle forze dell'ordine. Il killer entrò nel locale all'orario di chiusura avvicinò Anastasi e gli sparò da distanza ravvicinata uccidendolo. Rigettato anche il ricorso di Giuseppe Isgrò, considerato il depositario della cassa di Cosa nostra barcellonese e ritenuto uno dei due esecutori materiali, insieme con Carmelo D'Amico del duplice omicidio di due giovani Antonino Accetta e Giuseppe Pirri. Furono condotti di notte nel cimitero di Barcellona, fatti inginocchiare ai piedi di un altare e uccisi con un colpo di pistola in testa. La loro colpa aver compiuto furti in abitazione senza autorizzazione di Cosa Nostra. Miano e Isgrò restano quindi in carcere.

E' stato accolto invece il ricorso avanzato dal legale di Stefano Genovese al quale era contestato, in concorso con il collaboratore di giustizia Carmelo D’Amico, l’omicidio di Francesco Longo, ucciso a colpi di pistola la sera del 28 dicembre 1992 in via Parini a Barcellona. Solo oggi, dopo 30 anni di silenzio, grazie ai pentiti, si è scoperto che la vittima sarebbe stata vicina al clan rivale capeggiato del defunto Pino Chiofalo. Genovese resta comunque in carcere poiché sta scontando una condanna a 27 anni di reclusione per l’omicidio del camionista Martino Rizzo, ucciso con tre colpi di pistola, mentre si trovava nella cabina del suo automezzo, nella piazzola di sosta di Lauria, durante una sosta del suo ultimo viaggio. La vittima era stata accusata dalla famiglia mafiosa barcellonese di aver partecipato al furto di un escavatore ai danni di una ditta che pagava il pizzo ed era dunque protetta da Cosa Nostra. Non hanno invece avanzato richiesta di riesame Sem Di Salvo e Nicola Cannone entrambi già detenuti per altra causa mentre il ricorso del boss Giuseppe Gullotti e di Carmelo Mastroeni, accusato del caso di lupara bianca di Giuseppe Italiano, saranno discussi mercoledì prossimo.

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