Giovedì 07 Agosto 2025

Messina, volevano cacciare Fra Maggiore dai suoi poveri: ma anche con le “pressioni” non ci sono riusciti

Quando si prova a dar voce a chi non ha voce, quando si servono gli ultimi - i poveri, gli emarginati, le persone sole - senza servirsene, spesso si diventa scomodi, indisponenti e persino antipatici. Lo sa bene fra Giuseppe Maggiore, frate minore responsabile della cappellania della Stazione centrale e marittima di Messina, che nelle ultime settimane a quanto pare ha corso il rischio di vedersi “defenestrato” da quello che lui stesso non ha mai considerato un ruolo, ma una missione. Per il suo operato quotidiano il religioso non ha mai avuto bisogno di stanze, scrivanie e quella piccola cappella sul binario 2 con lui è diventata focolare domestico, casa che accoglie, spazio che profuma di bene. Sul religioso, riconfermato dal nuovo governo provinciale dei Frati minori di Sicilia, che gli ha assegnato anche la delega per il settore poveri e ultimi, nei giorni scorsi erano circolati “rumors” su un presunto trasferimento smentito poi dallo stesso fra Giuseppe con la frase di Vasco Rossi “Eh già, io sono ancora qua!”. La notizia della riconferma che gli è stata comunicata dal ministro provinciale fra Antonino Catalfamo gli ha dato la giusta carica per proseguire in quel cammino di carità avviato da tempo: «continuerò a operare, per dirla alla maniera francescana, in perfetta letizia», ha affermato, anche se lui stesso è consapevole che le insidie non mancheranno. Il frate minore, originario di San Fratello, ha scelto la vita francescana nel 1999 e da allora ha vissuto esperienze significative tra cui il Cammino di Santiago, un periodo in Marocco, un anno di eremitaggio nel suo paese natale e l’attivismo a favore degli immigrati a Favara. Dal 2017 è tornato a Messina per continuare il suo servizio accanto agli ultimi, sempre con l’obiettivo di essere «il fratello più piccolo dei piccoli». Da quanto appreso sembrerebbe che, ha spiegato il frate, qualcuno si sarebbe addirittura rivolto alla dirigenza della Polfer e ai “piani alti” dell’arcidiocesi messinese, per tentare di trovare per lui un’altra collocazione addirittura fuori dalla città dello Stretto. Il suo operato è noto a tutti, soprattutto alle istituzioni cittadine - prima fra tutte l’assessora Alessandra Calafiore che ha sempre sostenuto il religioso, come lui stesso ha detto, nelle iniziative di carità -, che hanno sempre apprezzato il cuore grande di fra Giuseppe: per lui, ancor prima di una coperta e un pasto caldo, è importante prendersi cura della persona restituendogli la dignità che le avversità della vita spesso distruggono. «Chi come me sta accanto ai poveri non solo per garantire un panino o una coperta, chi condivide con loro speranze, la bellezza della vita ma anche le angosce e le sofferenze, inevitabilmente entra nel loro vissuto; non si tratta di assistenzialismo o gesti di bene fatti per riempire un vuoto, ripulire la propria coscienza o peggio, per speculare su chi è meno fortunato. Ecco dunque che quando entri in questa relazione intima con i poveri, diventi scomodo perché dai voce ai loro bisogni, cercando di restituire loro quella dignità che la vita gli ha tolto, mettendo in luce i limiti di chi dovrebbe garantire a queste persone i servizi e non lo fa, chi si serve dei poveri anziché servirli». Nel parlare fra Giuseppe non è arrabbiato, il suo carattere vulcanico lo ha già proiettato ai nuovi progetti da portare avanti. E lancia un solo appello a quanti lo conoscono e lo stimano: «Pregate sempre per me affinché possa farmi pane per ogni sorella e fratello che incontro nel cammino della vita».

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