Il linguaggio di genere può fare la differenza. Così come l’informazione. L’iniziativa organizzata all’Università di Messina a dieci anni dalla convenzione di Instabul sulla rappresentazione sociale della violenza di genere ha affrontato proprio il tema del racconto e dell’utilizzo di una terminologia appropriata nel farlo, con particolare attenzione agli stereotipi e ai pregiudizi che colpiscono le donne vittime di violenza e alla loro rappresentazione nei contesti scolastico, giudiziario e mediatico.
Il coordinamento è stato della prof.ssa Milena Meo, ordinaria di Sociologia e vicepresidente del Comitato Unico di Garanzia dell’Ateneo, che ha toccato il tema della "manosphere", ovvero delle comunità maschili contro l’emancipazione delle donne e del sessismo on line. Tra gli interventi quelli delle giornaliste Tiziana Caruso di Gazzetta del Sud on line) e Natalia La Rosa, responsabile della Gds Academy di Società Editrice Sud e della prof.ssa Cecilia Robustelli (Università di Modena e Reggio Emilia), una delle voci più autorevoli in materia di sessismo linguistico di recente nominata nell’Accademia della Crusca,
Sono stati diffusi anche i risultati dell’Osservatorio STEP che ha analizzato la rappresentazione della violenza maschile contro le donne nei media. Il progetto ha esaminato oltre 16.000 articoli di stampa, evidenziando una narrazione spesso distorta e colpevolizzante per le vittime, che tende ad attenuare o oscurare le responsabilità degli autori della violenza.
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