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Il femminicidio della studentessa a Messina, il fratello e lo zio: "Sara era la nostra bambina, vogliamo giustizia"

Con la voce rotta dal dolore e dalla rabbia il fratello, lo zio e un amico della famiglia stamani erano davanti al carcere di Gazzi

Un dolore che non si può raccontare a parole. Lo strazio stampato negli occhi, domande che non trovano risposte. L'unico pensiero è lei, Sara. Suo fratello Claudio, tre anni più grande, vorrebbe provare a raccontare chi era sua sorella, ma l'angoscia è troppo grande. Insieme allo zio, al cugino e all'amico di famiglia Nino è rimasto qualche minuto davanti al carcere di Gazzi, lì dove poco prima era stato trasferito Stefano Argentino, arrestato per l'omicidio di Sara Campanella. Chiedono solo giustizia. In tanti anche stamattina erano radunati alla camera mortuaria del Policlinico. Familiari, colleghi di corso, professori. Lo zio paterno non riesce a trattenere le lacrime. Raccontano che Sara si trovava in questi giorni a Messina perchè doveva recuperare ore di tirocinio perse per un problema di salute fortunatamente superato. Poteva rimanere a Palermo a insegnare, aveva un posto in graduatoria, ma il suo sogno erano i laboratori e la biomedica. “Sara è cresciuta con noi, la ricordo ancora neonata nel nostro lettone” dice lo zio che non riesce a togliersi dalla mente l'ultima immagine della nipote tanto amata ieri sera in obitorio. Raccontano che nessuno di loro aveva mai sentito parlare di questo ragazzo, non c'era stata nessuna relazione, Sara non aveva mai mostrato loro timori o paure. E adesso loro non riescono a darsi pace.

 

 

 

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