L'Europa com'è e come migliorarla: uniti. Il presidente Sergio Mattarella riceve all'Università di Messina il dottorato honoris causa
Al Vittorio Emanuele scenografia allestita sui temi del tricolore e dell'azzurro. Sul palco l'intero Senato accademico, ma i rettori delle altre Università. Poco prima delle 11, quando ormai al Vittorio Emanuele, era tutto pronto per accogliere il presidente Mattarella, l'ingresso del presidente della Regione Renato Schifani. Ad aprire la cerimonia l'esibizione del coro d'Ateneo, poi l'ingresso dei prorettori in toga. In testa Daniela Novarese, mentre il vice rettore Giuseppe Giordano ha accompagnato il corteo accademico dei rettori ospiti delle Università di Catania, Palermo, Reggio Calabria, Cosenza, del Campus biomedico di Roma, di Catanzaro, Enna, Napoli Parthenope, Università degli Studi Internazionale di Roma e Lumsa.
La Rettrice: "Siamo un polo culturale attrattivo per studenti da tutto il Mediterraneo"
L'inno d'Italia e l'inno europeo hanno accolto l'arrivo del presidente Mattarella in platea al Vittorio Emanuele, poi la parola è passata alla rettrice Spatari che si è rivolta a tutti i presenti e ha aperto la cerimonia dell’inaugurazione dell’anno accademico, ricordando come l’università sia “un’istituzione che da quasi cinque secoli è faro di cultura e di dialogo”. Il conferimento del dottorato honoris causa in Scienze delle pubbliche amministrazioni al presidente della Repubblica, ha detto la Rettrice rivolgendosi al Capo dello Stato “intende celebrare il suo impegno instancabile nella tutela dei valori democratici, in contesto ancor più denso di significato, poiché ricorre il 70esimo anniversario della Conferenza di Messina. Sotto la guida illuminata di Gaetano Martino, nel 1955, si posero le basi di quella che noi oggi orgogliosamente chiamiamo Unione Europea. Messina, città di confine e di dialogo, ha sempre rappresentato un luogo naturale in cui culture diverse hanno saputo convivere e contaminarsi. Questo ruolo si rinnova con forza, nel momento in cui l’Ateneo vede rafforzare la sua posizione nel territorio, con 25 mila studenti”. La rettrice Spatari ha anche sottolineato che la “conferenza di Messina fu un atto di coraggio e il nostro compito come università è continuare questo lavoro, formando i nostri ragazzi. La buona amministrazione, l’equità nelle politiche pubbliche, sono capisaldi di una società prospera. L’università intende perseguire questi obiettivi tramite la ricerca e la didattica. Quelli universitari non devono essere spazi isolati, ma aperti”. Infine il passaggio dal primo al secondo anno di mandato per la rettrice: “Si è concluso il mio primo anno nel corso del quale, pur in una congiuntura economica non favorevole in cui la riduzione dei fondi potrebbe avere riflessi sui programmi, è stato portato avanti un lavoro di squadra, in una comunità che si è ritrovata coesa. Nonostante i tagli stimati, i servizi sono stati aumentati e ulteriori risorse sono state stanziate. È stata ampliata l’offerta formativa, dal punto di vista amministrativo sono state portate avanti le procedure a tutela della trasparenza e una più efficace azione di supporto alle esigenze del nostro ambiente di lavoro. Un plauso va alle organizzazioni sindacali, con le quali si è iniziato a lavorare in uno spirito di piena collaborazione. L’università ha un ruolo non chiuso in se stesso, ma propulsivo verso il territorio, in un’area cruciale di cui questa città è perno. Quest’area non è più quella segnata dai confini dell’isola e della vicina Calabria, ma uno spazio multiculturale e inclusivo, come denotano la crescente presenza di studenti stranieri e l’attività di internazionalizzazione. L’eredità di Gaetano Martino e lo spirito di Messina ci spronano ad aprire una nuova stagione. A voi cari giovani il compito più alto e nobile, essere protagonisti, attraverso una conoscenza che si traduca in azioni, solidarietà, costruzione di un mondo migliore”.
L'intervento di Domenico Quartarone, rappresentante del personale tecnico amministrativo dell'Università
Nel suo discorso Domenico Quartarone, rappresentante del personale tecnico amministrativo dell'Università ha sottolineato l'onore e l'orgoglio per la presenza del Presidente e la gratitudine di tutta la comunità accademica dell'Università di Messina. "Si celebra l'inaugurazione dell'anno accademico come momento di riflessione sui successi e di rinnovato impegno per il futuro, valorizzando il ruolo cruciale del Personale Tecnico Amministrativo (PTA). Il PTA è descritto come motore silenzioso dell'Ateneo, essenziale per il suo funzionamento e sviluppo, accanto a docenti e studenti. Si evidenzia l'importanza della collaborazione tra tutte le componenti accademiche, del rispetto, dell'inclusione e del benessere del personale. Sono ribaditi gli obiettivi di rafforzare la partecipazione studentesca, consolidare le sinergie con il territorio e valorizzare le competenze tramite strumenti digitali. Il lavoro di squadra e il dialogo - ha detto - sono fondamentali per affrontare le sfide attuali. L’Università deve promuovere un forte senso di appartenenza e a raccontare i suoi successi per attrarre nuove risorse e ispirare le future generazioni".
La studentessa Chiara Furlan: "Facciamo la differenza nell'indifferenza"
A intervenire durante la cerimonia di inaugurazione dell'anno accademico anche la rappresentate degli studenti Chiara Furlan che con con un intervento toccante ha parlato di quanto l'Università sia centrale per un giovane e per la realizzazione dei sogni che ha, ma anche delle grandi piaghe di questa società che coinvolgono soprattutto i ragazzi, come i suicidi o la violenza di genere. Poi il ricordo di Lorena Quaranta. E un appello: "Fare la differenza nell'indifferenza". “Sogno. Pensiero. Libertà. Sono queste le tre parole che, in sintesi, si propongono di rappresentare la mia – seppur breve – storia di vita e rispecchiano il cuore pulsante del decidere di investire sull’istruzione, sulla formazione e, conseguentemente, su sé stessi. Nel mio iniziale e ideale progetto di percorso universitario, quest’ateneo e il contesto siciliano avrebbero dovuto costituire solo una fase di transizione, una breve parentesi per ritornare ben presto agli antipodi dell’Italia, da dove provengo. Tuttavia, le cose sono ben presto cambiate; è proprio qui che emerge il concetto di sogno, il sogno di una vita: quello di diventare medico; l’autonomia di pensiero: quella che mi ha spinto ad andare controcorrente rispetto allo stigma del binomio nord-sud; e infine la libertà: quella di volere restare. Ampliando lo sguardo da una dimensione strettamente personale a una collettiva, di comunità, la possibilità di sognare, il pensare criticamente e autonomamente e la libertà di scegliere sono i valori che rappresentano le prime fondamenta dell’Università di Messina, capace di mettere al centro lo studente, i suoi bisogni e – soprattutto – le sue aspirazioni. Un’Università, inoltre, dove viene valorizzato il profilo dell’internazionalizzazione, ricordandoci quotidianamente che la diversità di etnia, provenienza e religione non può che essere un punto di forza, incarnando la dimostrazione che “il diverso da noi” non deve spaventare ma – al contrario – ha sempre qualcosa da insegnare. Dietro la differenza si cela ricchezza. È proprio in questa direzione che, di fronte alla cruda realtà di eventi di politica internazionale, mi piace ricordare qui oggi il pensiero del Presidente della Repubblica Mattarella “pace (…) non significa sottomettersi alla prepotenza di chi aggredisce gli altri paesi con le armi, ma di chi ha rispetto dei diritti umani”. In riferimento ai diritti umani, definiti prioritariamente “inalienabili” dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948, l’Università stessa deve essere in grado di insegnamento e tutela, diventando protagonista attiva anche nella loro promozione. Pensiamo a fenomeni strettamente attuali, quali lo spaventoso aumento del disagio psicologico e del numero dei suicidi soprattutto tra i giovani, la dilagante piaga della disinformazione e del body shaming amplificati dall’uso inappropriato dei social media e, non per l’ultimo, il fantasma della violenza. A questo proposito, non dobbiamo dimenticare infatti che dietro la forma più cruenta e visibile di violenza, quella fisica, si nascondono tante altre sfumature come quella della violenza psicologica, dell’emarginazione o ancora della discriminazione che, subdole, si incastrano tra le maglie del vissuto della persona e silenziosamente la privano della propria vitalità. La violenza verbale e, al contempo, psichica, individuale o collettiva e, non per ultima, quella di genere non fanno altro che annientare l’essenza dell’uomo. Per questo motivo – oggi più che mai – come comunità studentesca siamo obbligati a fermarci, a pensare e soprattutto a fare attenzione a quelle voci che non possono rimanere nell’ombra ma, al contrario, meritano di essere ascoltate. Una di queste voci è quella di Lorena, Lorena Quaranta, nostra collega e compagna di sogni, a cui purtroppo è stato negato di perseguire il suo. “Non vogliamo più dover parlare delle donne come vittime, dobbiamo e vogliamo parlare della loro energia, del loro lavoro e del loro essere protagoniste” così ha affermato splendidamente pochi giorni fa proprio Lei, Signor Presidente. In questa logica, il fine più alto, più nobile dell’insegnamento e dell’intraprendere un percorso universitario deve essere non solo quello di formare menti, professionisti esperti e qualificati di un domani, ma anche trasmettere valori da persona a persona, costruendo modelli di riferimento dal punto di vista professionale, etico e civile. Una comunità accademica è veramente tale se è capace di creare un simile contesto valoriale: la nostra – studenti, docenti e personale tecnico amministrativo – lo è. Lasciamoci guidare con entusiasmo dalla massima kantiana “sapere aude”, perché ciascuno di noi possa realmente avere il coraggio di conoscere, di andare oltre quella “siepe”, così descritta da Leopardi nell’Infinito, di preconcetti, barriere culturali e retorica, perché ognuno possa incarnare tale imperativo morale decidendo di fare la differenza nell’indifferenza”.
La laudatio di Gaetano Silvestri e l'intervento della professoressa Daniela Novarese
Poi è stata la volta del presidente emerito della Corte Costituzionale Gaetano Silvestri per la laudatio e di Daniela Novarese, ordinaria di Storia delle Istituzioni Politiche e Delegata all’Archivio Storico dell’Università di Messina. “Il professor Mattarella”. Così l’ex rettore e presidente emerito della Corte costituzionale, Gaetano Silvestri, ha voluto definire il presidente della Repubblica nella laudatio che precede il conferimento del dottorato honoris causa. Di Mattarella, Silvestri ha sottolineato la “non comune capacità di coniugare e integrare teoria e prassi, gestione e progettualità, idealità e concretezza. Nella sua lunga carriera, in vicende politiche e istituzionali di grande rilievo ha lasciato il segno di sé, della sua personalità ricca di misura ed equilibrio, ma anche capace di sperimentazione di vie nuove. Studioso raffinato di diritto costituzionale e parlamentare, ha affrontato argomenti di grande rilievo istituzionale e politico, quale l’intervento della Regione siciliana nell’economia, il bicameralismo, l’attività del parlamento, i controlli sugli enti locali”. Silvestri ha voluto citare le parole dello stesso Mattarella, a proposito dei rapporti tra governo e parlamento, “sono convinto che quali che siano le norme, è indispensabile per il buon funzionamento delle istituzioni cercare sempre un minimo ma consistente terreno comune, senza pretesa di imporre la propria convinzione, anche solo procedurale, all’opposizione”. E ancora: “Sergio Mattarella ha legato il suo nome ad una riforma del sistema elettorale che resta il più riuscito tentativo di conciliare i sistemi proporzionale e maggioritario, un esempio non seguito dalle leggi successive, così prive di equilibrio da costringere la Corte costituzionale ad interventi necessari per preservare la democraticità dei processi politici. Dall’11 ottobre 2011 al 2 febbraio 2015, ha redatto 41 sentenze e 24 ordinanze, molte delle quali di grande rilievo giuridico e costituzionale”. Silvestri ha ricordato “pronunce di rilievo, sui contratti a tempo determinato per il personale docente e non docente della scuola, sul commissario di Stato per la regione siciliana, stabilendo che il controllo successivo sia più favorevole rispetto a quello preventivo”. Di Mattarella vengono sottolineate “la solida preparazione scientifica e culturale, vasta esperienza politica e ministeriale”, l’importanza sempre riconosciuta ai Comuni. Quindi il riferimento all’ultimo discorso di fine anno di Mattarella, incentrato sulla speranza: “non può esserci parola più adatta per esprimere lo spirito della nostra Costituzione. Sergio Mattarella ci ha fatto percepire il messaggio costituzionale, l’auspicio appassionato verso ciò che non esiste ancora ma che dovrà esistere perché ciò che è stato non esista più. Il principio della speranza è divenuta forza giuridica attiva. Uomini come Sergio Mattarella ci danno l’energia e il coraggio di difendere questo patrimonio”.
La consegna della toga accademica, del tocco e del diploma di dottorato honoris causa al presidente Mattarella
Accolto da un caloroso applauso, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricevuto dalla rettrice Giovanna Spatari la toga accademica, il tocco e il diploma di dottorato di ricerca honoris causa. Quindi, con addosso la toga, il capo dello Stato ha iniziato il suo intervento ringraziando la rettrice e la comunità accademica, definendo “gli studenti la ragione d’essere di questo ateneo e di ogni università. Avverto l’onore di questo riconoscimento e ringrazio il prof. Silvestri per una laudatio così generosa”. Il punto di partenza è il processo di nascita dell’Unione Europea, di cui Mattarella ricorda i primi passi, ancor prima della conferenza di Messina del 1955, a cominciare dal Trattato di Parigi. “Perché il carbone e l’acciaio? Un’intesa su energia e armamenti, l’economia era lo strumento, ma il fine era la pace, solida e duratura dopo le due guerre mondiali. Economia e pace continuarono ad essere al centro, e dopo il decisivo incontro svoltosi qui a Messina nel giugno del ‘55, i sei paesi firmarono i Trattati di Roma. Veniva così definita l’architettura di un mercato comune. Il progetto si ampliava molto, ma l’obiettivo rimaneva lo stesso: un’era di pace e benessere, fondato su cooperazione e amicizia tra Stati e popoli europei. Un tema ha assunto un rilievo crescente: l’attuazione delle norme prodotte dall’Unione, in ambito europeo e statale. Per definire l’originalità del modello europeo è valso il termine di governo multilivello. La comunità europea è un apparato che agisce ma soprattutto fa agire. In una prima fase l’Unione Europea su fondava su un’amministrazione indiretta, da qui un certo grado di disomogeneità nelle singole applicazioni. Vi è stato un adattamento dei processi amministrativi, contraddistinti da un livello di integrazione sempre maggiore, con la creazione di organismi. Significativa ed emblematica è l’evoluzione dei Comitati, divenuti luoghi di incontro e di scambio di conoscenze. Interessante la tendenza a creare discipline comuni e unitarie, l’integrazione tra livello nazionale e comunitario è divenuta così intensa da rendere difficile individuare una linea di separazione effettiva. Gli Stati hanno assunto un ruolo attivo nell’applicazione delle norme”. Mattarella fa un excursus sulle tante manifestazioni dell’integrazione europea, vero cuore del suo intervento e cita il complesso di riforme e investimenti Next Generation, in risposta alla crisi generata dalla pandemia. “Nel tempo la linea di demarcazione tra amministrazione diretta e indiretta si è andata sempre più assottigliando. Merita di essere sottolineato come questo comporti che l’attuazione del diritto dell’Unione sia la risultante di dialogo e cooperazione. La maggiore efficenza della macchina amministrativa e l’intensificarsi dei controlli vanno accompagnati da meccanismi che difendono imprese e cittadini”, e il riferimento è al rafforzamento del diritto europeo amministrativo, ma anche al principio di leale collaborazione enunciato dall’articolo 4 del Trattato dell’Unione. “Con il Trattato di Lisbona è stata dedicata un’attenzione specifica alla questione amministrativa, che diventa di interesse comune. Fondamentale è la disposizione per cui l’attuazione effettiva del diritto dell’Unione è essenziale”. I principi dell’amministrazione dell’Unione e del diritto Europeo sono al centro della lectio doctoralis di Mattarella, così come le applicazioni quotidiane degli stessi: “Durante la pandemia, la commissione ha negoziato la fornitura di grandi quantità di vaccini, ottenendoli in tempi rapidi. Tutti conoscono il progetto Erasmus. Si sono sviluppate, nel tempo, alleanze e forme di cooperazione tra le Università dell’Unione. Unione che impone standard rigorosi di sicurezza alimentare. Ci sentiamo sicuri sui farmaci e la loro sperimentazione. La proprietà intellettuale è protetta a livello europeo. I nostri voli sono sicuri per le regole stabilite a livello europeo. La criminalità viene contrastata in maniera più efficace. Questo non significa ignorare quali sono i limiti, bisogna impegnarsi per rimuoverli. Fenomeni come il cambiamento climatico, la crisi energetica, la carenza di materie prime essenziali, i movimenti migratori, la sicurezza e la transizione digitale richiedono l’integrazione tra parlamento nazionali e sovranazionali, una dimensione europea. Solo attraverso uno stretto coordinamento è possibile assicurare misure efficaci e fornire risposte adeguate alle sfide della globalizzazione”. Ma ci sono dei limiti: “Manca uno spazio politico effettivamente integrato, nei singoli contesti si continua troppo spesso a considerare l’Unione europea un soggetto estraneo. La limitata coscienza politica che l’Unione ha di se stessa ne limita l’azione. Eppure quanto sta avvenendo a livello internazionale, con dinamiche conflittuali e persino distruttive, fa emergere la necessaria solidarietà dei paesi comunitari. In tempi recenti crisi finanziaria e pandemia sono state occasioni di scelte coraggiose, questa attitudine però non è più sufficiente, il tornante della storia che stiamo attraversando richiede la consapevolezza che gli Stati europei singolarmente non sono in grado di dare risposte efficaci. Di recente mi sono permesso di dire che gli Stati europei si distinguono in Stati piccoli e Stati che non si sono resi conto di essere piccoli anch’essi”. In conclusione ha preso la parola la rettrice Spatari che, a nome della comunità accademica tutta, ha espresso gratitudine e dichiarando aperto il 477° anno accademico dalla fondazione dell'Università di Messina.