La mafia che si sostituisce allo Stato grazie alla forza del potere intimidatorio in un territorio dove troppo spesso la legalità viene ancora calpestata. É quanto accaduto per anni a Barcellona dove un'azienda appartenuta agli Ofria, famiglia già più volte finita nelle maglia della giustizia, viene prima sequestrata nell'operazione antimafia Gotha 1 e poi confiscata dallo Stato. Eppure per anni gli Ofria, esponenti apicali di Cosa Nostra barcellonese, hanno continuato a gestire l'impresa di smaltimento autovetture usate e compravendita di ricambi, come se niente fosse. Nonostante la confisca e la nomina di un amministratore giudiziario era ancora Salvatore Ofria, 61 anni ad occuparsi in prima persona e con la complicità dei familiari, di tutto ciò che riguardava l'aspetto commerciale, la gestione degli introiti illeciti, l'assunzione di dipendenti tutti rigorosamente in nero. Le indagini, condotte dalla DDA di Messina coordinate dal Procuratore Antonio D'Amato, dall'aggiunto Vito Di Giorgio e dai sostituti Fabrizio Monaco, Francesco Massara ed Antonella Fradà, hanno portato stamane all'arresto di 15 persone. Associazione mafiosa, estorsione, peculato alcune delle accuse contestate a vario titolo agli indagati arrestati dalla Squadra Mobile al comando del dirigente Vittorio La Torre e del commissariato di Barcellona. 14 finiti in carcere, solo una Chiara Ofria, 25 anni ai domiciliari. Indagini minuziose eseguite anche con l'ausilio di telecamere nascoste e con il determinante apporto del collaboratore di giustizia Marco Chiofalo, precedenti per associazione mafiosa, che dal 2011 al 2013 ha lavorato in nero nell'impresa in questione. Chiofalo ha raccontato i meccanismi che regolavano l'attività dell'azienda. Salvatore Ofria con il fratello Domenico, i figli Carmelo e Giuseppe tutti arrestati nell'operazione lavoravano nell'impresa senza alcuna cautela. La loro presenza in azienda era quotidiana così come nei locali era frequente incontrare esponenti della famiglia mafiosa barcellonese. Stipendi ai dipendenti e attività commerciali venivano svolte in nero così l'azienda poteva applicare prezzi più vantaggiosi rispetto alla concorrenza. Nei trenta giorni monitorati dagli investigatori l'azienda ha guadagnato 63.000 euro con una proiezione nell'arco di 12 mesi di oltre 600.000 euro. Il tutto secondo l'accusa con la complicità dell'amministratore giudiziario, il commercialista di Paternò, Salvatore Virgillito. IL professionista, asservito al potere del clan, non segnalava alla magistratura gli incassi aziendali, le assunzioni di dipendenti, la presenza di esponenti mafiosi all'interno dell'azienda, Un silenzio complice che ha portato al suo arresto per peculato. Ma gli Ofria estendevano il loro potere anche al di fuori dell'azienda. Dopo aver costretto un dipendente a dare le dimissioni, perchè sospettato di aver rubato somme di denaro, avrebbero minacciato un imprenditore che lo aveva assunto nella propria azienda. Un traditore della mafia non poteva più lavorare. La famiglia aveva inoltre creato il cosiddetto borsello nero nel quale confluiva il ricavato delle vendite. Una parte era destinato al sostentamento delle famiglie degli affiliati detenuti.