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Taobuk da sold out, cinque giorni di cultura e un pieno di energie e idee

La XIV edizione di Taobuk si è conclusa ieri, con un’ultima sfilza di appuntamenti dopo cinque giorni a perdifiato con la letteratura, ma non solo, chiamata a insegnarci a vivere, a dialogare, a incontrarci, quasi a disegnare i contorni del mondo che vorremmo. Cinque giorni per dare voce a un bisogno individuale e collettivo, al quale Taormina ha risposto aprendo i suoi spazi più belli: itinerari da cucirsi addosso, trame da seguire e inseguire, in un gioco che ha nelle condizioni l’avvincente pedaggio di uno smarrimento, di una rinuncia rispetto a un impossibile tutto, di una scelta tra piacere e piacere.

Adesso è tempo di bilanci: «Se è stato fantastico constatare il sold out per la serata di gala e l’alta affluenza in ogni appuntamento, è ancora più stupefacente un ulteriore tutto esaurito con 3.400 presenze, per lo spettacolo di Alessandro Baricco, unico appuntamento a pagamento con un biglietto, tra l’altro, non popolare», commenta Antonella Ferrara, ideatrice e direttrice artistica di Taobuk. E riprende: «Lo leggo come un dato molto significativo, perché si tratta di uno spettacolo che ci riporta al mondo classico, a un testo antico - certo, rivisitato e con interpreti celebri - seppur su un tema di scottante attualità, la guerra. Una vittoria che conferma la nostra idea di sempre: se si offrono contributi di qualità il pubblico risponde, ed è disponibile a pagare, a spostarsi. È sempre l’offerta che genera la domanda, anche se parliamo dei consumi culturali. Quindi il bilancio di questa edizione è per noi positivo perché mai come quest’anno, abbiamo visto quanto il mondo della cultura ormai si identifichi in Taobuk e nel suo essere trasversale. Non abbiamo avuto soltanto grandi scrittori, ma anche grandi scienziati, grandi nomi della medicina, dell’economia, della politica, delle istituzioni, della musica, del cinema, delle arti: insomma, le menti più importanti del nostro presente, attorno a un tema, l’identità, posto in maniera plurale, inclusiva. Ecco, noi poniamo temi, mai dogmi, pur se si tratta di argomenti scivolosi e complessi proprio come quello di quest’anno, in cui abbiamo discusso di identità in un momento storico particolare, con due guerre nel cuore dell’Europa: dalla seconda guerra mondiale non si verificava un allineamento tanto nefasto di due conflitti così vicini nel nostro continente. Un dato che ci deve far riflettere e che ha confermato la bontà di una scelta che, però, abbiamo ancorato a contenuti filosofici, antropologici e letterari, in modo da far scivolare un eventuale dibattito politico e riportarlo a quello che è la matrice di tutte le idee, ovvero l’anima culturale».

Cosa conosce di più sull’identità, dopo queste cinque, intense, giornate?
«L’identità è una somma di stratificazioni che tiene insieme quello che ci è successo e ci identifica come esseri umani. Citando il filosofo Marco Augé, la conclusione è che non esiste identità senza alterità. L’identità è un’impronta che non cancella quella degli altri».

Chi ha pronunciato le parole più belle?
«Non posso rispondere perché altrimenti farei torto a qualcuno. Posso, invece, dire quale è stata una posizione che mi ha molto colpita. E mi riferisco alle parole di Foer sul palco del Teatro Antico, durante la nostra conversazione: “Quel ragazzo che ha scritto Ogni cosa è illuminata non sono più io. Non ricordo neppure com’ero quando ho lavorato a quel libro”. Ognuno di noi cambia con il passare del tempo, a volte è difficile recuperare la nostra dimensione di un determinato periodo storico, perfino se in quel momento abbiamo fatto cose eccezionali. Un concetto che mi è rimasto impresso».

Lavora già alla prossima edizione?
«Certo, non esiste momento migliore come la parte finale dei cinque giorni, quando la tensione è calata e i riflettori iniziano a spegnersi. Dialogo con gli ospiti e metto insieme le parole che ho ascoltato di più. E da lì nasce il tema dell’anno successivo».

Ci dica, allora...
«Noooo, non posso. Però sappia che ho la parola per il 2025. L’ho decisa ieri mattina sulla terrazza dell’hotel San Domenico davanti a un caffè».

Un’ultima domanda: cosa vogliono dire i fischi al ministro Sangiuliano?
«Certi comportamenti non sono consentiti, mai. La politica può essere contestata, ma nell’agone politico. E non è coraggioso farlo da parte di persone nascoste tra il pubblico. Siamo in democrazia, tutti hanno il diritto di esprimere le proprie posizioni, anche rispetto al potere. Ma non in quel contesto, strumentalizzando un evento culturale per fare non opposizione ma linciaggio».

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